La settima rivoluzione dei trasporti viaggia in autostrada
Nel percorso verso una concezione radicalmente nuova della mobilità, le autostrade, che in questo 2024 compiono 100 anni, sono il laboratorio ideale per affinare e applicare i processi e per accelerarli.
È stato scritto che il vero genio non fu chi inventò la ruota, ma chi pensò di aggiungere le altre tre. Anche in mancanza di queste ultime, superfluo dire quanto l’invenzione abbia influenzato il corso della Storia, al punto da provocare intorno al 3500 a.C. quella che viene definita la terza rivoluzione dei trasporti. La prima originava dalla trazione animale, la seconda dalla vela, per la quarta (la trazione a vapore) l’umanità ha dovuto aspettare oltre 5000 anni. Oggi, dopo una serie di conquiste tecnologiche che, dal motore a combustione interna all’elettrificazione e alla logistica dei container, ci hanno portati alla sesta rivoluzione, i tempi sono maturi per la settima rivoluzione dei trasporti che parte dalle autostrade.
Investimenti per ammodernare la rete autostradale italiana
Nel 2024 la rete autostradale italiana compie cento anni. Nel secolo dell’automobile, le nostre autostrade si sono evolute oltre ogni immaginazione: l’estensione della rete è arrivata a superare i 7000 chilometri, mentre i veicoli che la percorrono ogni giorno sono circa cinque milioni, un ottavo del parco auto nazionale (40 milioni contro le 50 mila del 1924). Difficile da immaginare, cento anni fa, era anche l’impatto che le autostrade avrebbero avuto sui nostri stili di vita e sulle opportunità di spostamento per persone e merci: un impulso cruciale allo sviluppo economico del Paese, che in larga parte ha viaggiato e continua a viaggiare su gomma.
Per questi motivi, oltre che per rispondere alle esigenze sempre più pressanti della sostenibilità e della transizione, è quantomai necessario accelerare la profonda trasformazione già in atto nell’intero sistema dei trasporti – per l’appunto la settima rivoluzione – partendo proprio dalla rete autostradale. La fase più importante è quella dell’ammodernamento, per far sì che le autostrade continuino a svolgere il loro ruolo per il Paese: è urgente intervenire per potenziare e ampliare la rete aumentando il numero di corsie e di svincoli e al tempo stesso pianificare la manutenzione rigenerativa di ponti, viadotti, gallerie e barriere – manufatti spesso vetusti – per estenderne la vita utile, adeguarli ai nuovi standard tecnici di sicurezza e aumentare la resilienza di fronte agli eventi meteorologici estremi, purtroppo sempre più frequenti.
Un piano per digitalizzare le autostrade italiane
Un’altra fase fondamentale per dare corso alla settima rivoluzione è quella della digitalizzazione, che integra le tecnologie più avanzate nella rete autostradale italiana per facilitarne la gestione e accrescere efficienza e sicurezza. La raccolta e l’analisi in tempo reale di grosse quantità di dati permette di automatizzare tutti i processi operativi e migliora in modo significativo l’esperienza di guida degli utenti. Le soluzioni digitali danno la possibilità di monitorare in tempo reale sia le infrastrutture (con tutti i vantaggi derivanti dalla manutenzione predittiva), sia il traffico, i cui flussi vengono gestiti da remoto con l’allerta immediata al verificarsi di un’emergenza.
Oltretutto i benefici per il gestore e per gli utenti aumentano in proporzione alla diffusione di veicoli a guida autonoma. La prospettiva di medio periodo è quella di un’autostrada completamente automatizzata, in grado di accogliere un numero maggiore di veicoli (poiché il flusso e la velocità saranno costantemente monitorati e determinati) e di inviare agli utenti sempre più informazioni utili in tempo reale. Sono questi gli obiettivi del Programma Mercury, avviato da Autostrade per l’Italia a seguito del decreto Smart Road varato dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti nel 2018. Ma non solo: i cinque gruppi di iniziative del programma contribuiranno attivamente anche al processo di decarbonizzazione, dato che i soli interventi di digitalizzazione consentirebbero una riduzione delle emissioni autostradali compresa fra il 10 e il 20%.
Obiettivo 2050: zero fatalità sulla rete autostradale d’Italia
L’integrazione dei sistemi digitali di controllo dei flussi di traffico porta con sé un altro grande vantaggio: l’aumento esponenziale della sicurezza. Le molte funzionalità disponibili – dalla gestione dei flussi di traffico ai sistemi di controllo della velocità e della distanza di sicurezza, alla possibilità di intervenire rapidamente in caso di emergenze – in parallelo a una percentuale sempre crescente dei veicoli a guida autonoma o semi-autonoma porteranno a un virtuale azzeramento dell’errore umano e dunque degli incidenti, che nel 90% dei casi sono imputabili a distrazione o cattiva condotta di chi è al volante. Un traguardo peraltro auspicato dal piano Vision Zero dell’Unione Europea, che punta a eliminare del tutto le fatalità sulle strade europee entro il 2050.
In viaggio verso la decarbonizzazione della rete autostradale
Gli obiettivi di decarbonizzazione vanno di pari passo con la digitalizzazione, ma questa non è l’unico fattore che permette di accelerare il processo nel caso della rete autostradale. Il Programma Mercury prevede infatti molti altri ambiti di intervento, a partire da una sempre maggiore diffusione dei sistemi automatizzati di pagamento del pedaggio (che, riducendo il tempo di permanenza in coda, contribuiscono a limitare le emissioni), fino alle fonti di energia rinnovabile per alimentare l’illuminazione e al potenziamento dell’infrastruttura di ricarica dei veicoli elettrici. A questo proposito, è stata ultimata l’installazione di 100 stazioni di ricarica ad alta potenza. Ciascuna offre da quattro a otto colonnine in grado di erogare fino a 350 kW per ricariche superveloci e a basso impatto ambientale, poiché co-alimentate, dove possibile, da pannelli fotovoltaici e integrate da sistemi di accumulo dell’energia rinnovabile.
Decarbonizzare significa anche prevedere opere eco-sostenibili, con cantieri il più possibile improntati ai princìpi dell’economia circolare: riuso e ricondizionamento dei materiali, utilizzo virtuoso delle risorse idriche, riduzione degli sprechi, contenimento dell’inquinamento. Significa, infine, tenere in conto l’esigenza di preservare l’ambiente circostante, considerato che le autostrade italiane amministrano un notevole patrimonio di alberi e aree verdi.
Per quanto possa sembrare controintuitivo, le autostrade possono contribuire in maniera decisiva agli ambiziosi obiettivi di decarbonizzazione fissati per il settore trasporti italiano dall’UE, che impongono entro il 2030 una riduzione delle emissioni del 43% rispetto al 2005, e la neutralità carbonica entro il 2050. Gli studi hanno dimostrato che le politiche attualmente in vigore nel nostro Paese non permetterebbero in prospettiva di raggiungere gli obiettivi. Tuttavia quelle stesse politiche, quando applicate alle autostrade, mostrano un’incisività superiore del 50-90% rispetto alle altre tipologie di strada.
In altre parole, nel percorso verso una concezione radicalmente nuova della mobilità – la settima rivoluzione a cui non possiamo sottrarci – le autostrade sono il laboratorio ideale per applicare e affinare i processi. E ancora una volta, come nei cento anni appena trascorsi, saranno il fattore in grado di accelerarli.