Le strade per ridurre le emissioni del settore trasporti

Quanto durano sei anni? A seconda dei punti di vista, possono essere un’eternità, oppure passare in un soffio, come nel caso dell’orizzonte temporale fissato dalla Commissione Europea nel piano “Fit for 55” che stabilisce per l’appunto entro sei anni, un traguardo di riduzione complessiva delle emissioni GHG nel settore dei trasporti stradali.

Quanto durano sei anni? A seconda dei punti di vista, possono essere un’eternità, oppure passare in un soffio, come nel caso dell’orizzonte temporale fissato dalla Commissione Europea nel piano “Fit for 55”, che stabilisce per l’appunto entro sei anni – ossia al 2030 – un traguardo di riduzione complessiva delle emissioni GHG nel settore dei trasporti stradali, insieme a quelle di altri settori nell’ambito dell’Effort Sharing Regulation, del 40% rispetto ai livelli del 2005. Per l’Italia, l’obiettivo – ancora più ambizioso – è una riduzione del 43,7%.

Ambizioso come è necessario che sia, data la complessità del problema da affrontare: tuttavia è lecito domandarsi anche quanto realistico ed effettivamente raggiungibile, non solo per il nostro Paese ma per l’intera Europa. L’attuale quadro regolatorio, articolato e complesso, e la fase di profonda incertezza economica, energetica e geopolitica che stiamo attraversando non lasciano pensare di poter raggiungere in tempo gli obiettivi di decarbonizzazione del settore trasporti.

In un contesto simile, è utile provare a delineare alcuni scenari teorici che indichino la direzione e l’intensità dei cambiamenti in corso, e che possano suggerire la tempestiva adozione di politiche in grado di favorire e incentivare i percorsi più efficaci per ridurre l’impatto ambientale.

Nell’elaborare le proiezioni sulla base delle politiche in corso, tenendo conto dello stato di profonda incertezza che caratterizza tutte le variabili in gioco e della probabile evoluzione della domanda di mobilità, si è pervenuti a definire due possibili scenari limite, altamente improbabili, ma utili a stabilire una forchetta sufficientemente ampia di possibili traiettorie di evoluzione. Uno scenario è quello particolarmente ottimistico di “massima decarbonizzazione”, nel quale si immagina che si verifichino tutte le ipotesi più favorevoli alla riduzione dell’impronta carbonica del settore stradale (piena attuazione delle politiche esistenti di miglioramento dell’efficienza energetica, maggiore diffusione dei vettori energetici alternativi ai combustibili tradizionali e della mobilità elettrica); l’altro, al contrario, del tutto pessimistico di “minima decarbonizzazione”, prevede invece ipotesi sfavorevoli in tal senso.

Le simulazioni svolte per gli scenari tendenziali mostrano in modo purtroppo inequivocabile come nessuna delle attuali politiche permetterebbe di raggiungere gli ambiziosi obiettivi del piano europeo. Anche nello scenario estremo di massima decarbonizzazione, la riduzione delle emissioni al 2030 si attesterebbe entro un intervallo compreso fra il 28 e il 33% (a seconda che il calcolo venga effettuato col criterio “Tank To Wheel”, che prende in considerazione soltanto le emissioni nette di un veicolo dal serbatoio alla ruota, oppure con il “Well To Wheel”, dal pozzo alla ruota, che include anche le emissioni lungo la filiera produttiva del carburante utilizzato): in entrambi i casi, comunque, valori ben lontani dal 43% auspicato.

Una possibilità ulteriore per contribuire al raggiungimento del target potrebbe verificarsi associando agli scenari tendenziali l’ipotesi di penetrazione accelerata di biofuel quali l’olio vegetale idrogenato (HVO) e il biometano in luogo dei carburanti fossili, sfruttando appieno le potenzialità infrastrutturali delle relative filiere e aumentando le importazioni dall’estero, e promuovendo comportamenti sostenibili degli utenti che riducano gli sprechi (per esempio incentivando stili di guida cosiddetti eco-driving e spingendo ad aumentare il coefficiente di riempimento medio dei veicoli). La combinazione di tali scenari accelerati, dunque, consentirebbe di far rientrare gli obiettivi fissati dalla direttiva “Fit for 55” in una forchetta di riduzioni comprese tra il 35 e il 50%, a patto di rivedere però tali target EU in ottica “Well To Wheel” così da renderli technology neutral rispetto all’imperativo di riduzione delle emissioni clima-alteranti.

Pertanto, nessuna politica da sola consentirebbe di raggiungere in pochi anni quegli obiettivi europei, né tantomeno risulterebbe verificata sulla base dei dati l’idea di traguardarli soltanto con l’esclusivo ricorso allo shift modale, ovvero il trasferimento del traffico dalla strada alla rete ferroviaria. Infatti, un’altra simulazione mostra che cosa accadrebbe nell’ipotesi – puramente teorica – di raggiungere l’obiettivo di massima decarbonizzazione del trasporto su strada (emissioni ridotte del 50% al 2030 nello scenario combinato e accelerato descritto in precedenza) tramite l’esclusivo trasferimento della metà del traffico stradale su rotaia: per far sì che lo scenario si verifichi, la capacità del trasporto ferroviario dovrebbe aumentare rispetto all’attuale di ben sette volte per il traffico passeggeri, e addirittura di 11 volte per quello merci. Un incremento semplicemente irrealizzabile dal punto di vista tecnico, e insostenibile da quello economico.

In conclusione, è auspicabile che venga elaborata e messa in atto una strategia di politiche congiunte che riducano al minimo l’incertezza del risultato e che contribuiscano anche a diffondere una cultura della mobilità sostenibile e una sempre maggiore consapevolezza degli strumenti utili a tradurla in pratica.

Sei anni passano in un soffio.