Decarbonizzare i trasporti
Le autostrade saranno al centro della settima rivoluzione dei trasporti, risultato degli effetti combinati di 3 fattori: uso energie rinnovabili, sviluppo di veicoli connessi ed autonomi e nuovi servizi di mobilità intelligente.
Il modo più utile per analizzare i problemi di solito è scomporli. Ecco il nostro, ridotto ai minimi termini: due lettere, un solo numero. Una formula tanto semplice quanto seria è la minaccia implicita per la nostra specie: CO2.
Il cambiamento climatico è oggi la sfida più importante per l’umanità. Non è più una questione che interessa soltanto la comunità scientifica, ma un problema globale che riguarda anche i trasporti, che nell’Unione Europea e in Italia producono oltre un quarto delle emissioni di gas a effetto serra. Ovviamente, questo non significa affatto che il trasporto su strada e le autostrade debbano – o possano, visto il loro ruolo cruciale – cessare di esistere nel prossimo futuro, come in un romanzo distopico. Al contrario, saranno al centro della cosiddetta settima rivoluzione dei trasporti, risultato degli effetti combinati di tre fattori principali: l’uso delle energie rinnovabili e di carburanti alternativi, lo sviluppo di veicoli connessi e autonomi per tutte le modalità di trasporto e i nuovi servizi di mobilità intelligente.
Le emissioni generate dai trasporti su strada
Nel 2019, ultimo anno pre-pandemia, nell’Unione Europea il sistema di trasporto – escluso il traffico marittimo internazionale – ha contribuito per circa il 26% alle emissioni totali di anidride carbonica e altri gas climalteranti, un valore molto superiore rispetto alla media globale. L’industria energetica ha pesato sulle emissioni per il 24%, il resto del comparto industriale per il 21%. Nello specifico settore dei trasporti, ben il 72% delle emissioni sono attribuibili ai trasporti su strada (dato che sale al 95% del totale, se si considerano i soli impatti interni). A seguire, il trasporto marittimo e l’aviazione (rispettivamente 14% e 13%) e, in misura minima, il trasporto ferroviario (1%).
La situazione italiana è simile a quella europea: il 27% delle emissioni totali è legato al settore dei trasporti e di queste circa l’80% è attribuibile al trasporto su strada (dato che sale al 93% del totale, se si considerano i soli impatti interni).
Secondo i dati dell’associazione Cluster Trasporti, sempre riferiti al 2019, le auto rappresentano circa il 77% della mobilità su strada in Italia (espressa in veicoli-chilometro), con circa 386 miliardi di veicoli-chilometro e di questi il 15% sono percorsi in autostrada. I veicoli merci pesano per circa il 18% sul totale della mobilità su strada, mentre circa il 5% dei km da essi percorsi sono in autostrada.
La mobilità delle persone è pari all’82% delle percorrenze complessive e causa circa il 65% delle emissioni di gas serra. Sulle autostrade, però, c’è una ripartizione quasi del 50% tra il contributo di emissioni dei veicoli merci e di quelli passeggeri, percentuale che sulle altre strade – urbane ed extraurbane – è nettamente più sbilanciata a favore dei passeggeri (70% contro 30%).
Obiettivo 2030: ridurre le emissioni del trasporto su strada
La decarbonizzazione dei trasporti è una componente essenziale degli impegni presi dall’Italia nell’Unione Europea e a livello internazionale. La UE ha approvato il programma “Fit for 55” che prevede azioni concrete e traguardi ambiziosi di abbattimento delle emissioni nette di gas climalteranti per il 2030 (innalzando l’obiettivo di ridurle di almeno il 55% rispetto al 1990) e la cosiddetta neutralità carbonica per il 2050.
Le emissioni prodotte dal comparto dei trasporti su strada, insieme a quelle di altri settori, sono monitorate dalla UE nell’ambito dell’Effort Sharing Regulation, con un nuovo target complessivo di riduzione del 40% rispetto ai livelli del 2005. Per l’Italia, l’obiettivo è una riduzione del 43,7% e restano da determinare le modalità per raggiungerlo.
Il monitoraggio è accompagnato dalla nuova direttiva europea che ha esteso lo scambio di quote di emissioni, creando uno schema parallelo, il cosiddetto Emission Trading Scheme (ETS) II, per trasporto stradale, edilizia e altre industrie non coperte dallo schema attuale (in pratica, gli schemi ETS fissano un limite alla quantità massima autorizzata di emissioni da parte delle aziende che rientrano nel sistema ed entro questo limite le imprese possono acquistare o vendere quote in base alle rispettive esigenze).
In questo nuovo sistema le emissioni vengono valutate al tubo di scappamento del veicolo, ma è garantita la “neutralità tecnologica” riconoscendo un valore zero alle emissioni rilasciate dai biofuel e biogas nel metodo di calcolo dell’energia consumata e dei gas serra emessi definito “Tank To Wheel” (dal serbatoio alla ruota, TTW).
Decarbonizzare i trasporti su strada non è impossibile
Il risultato delle varie simulazioni condotte rispetto alla decarbonizzazione dei mezzi di trasporto su strada, sia negli scenari minimi che in quelli massimi, è che nessuna politica attuale, da sola, consentirebbe di raggiungere in pochi anni (ne mancano soltanto sei al 2030) obiettivi di decarbonizzazione ambiziosi come quelli individuati dalla UE, anche nelle ipotesi più ottimistiche di diffusione di veicoli elettrici e ibridi.
Agli incentivi alla mobilità elettrica – sempre a patto che l’energia che la alimenta sia generata da fonti rinnovabili – e alla promozione della ferrovia bisogna dunque aggiungere altre azioni, come l’uso più intensivo dei biofuel e l’incentivo di comportamenti sostenibili sia nell’acquisto che nella mobilità, per evitare gli sprechi.
I partner industriali stimano una capacità di distribuzione sulla rete italiana fino a 4,5 milioni di tonnellate di olio vegetale idrotrattato (HVO) e 2,8 miliardi di metri cubi di biometano al 2030. Queste quantità permetterebbero di soddisfare l’intera domanda dei veicoli diesel commerciali, oltre a quelli alimentati a gas naturale compresso (CNG) e gas naturale liquefatto (LNG).
Un’ulteriore politica “win-win”, ossia dalla quale tutti trarrebbero vantaggio, consiste nella promozione di buone pratiche di utilizzo dei mezzi di trasporto, come aumentare il coefficiente di riempimento medio dei veicoli del 10%, passando da 1,3 a 1,43 passeggeri per ciascuna auto e il carico di un veicolo merci dal 50% al 55% dello stivaggio possibile.
In aggiunta, le emissioni medie di auto e veicoli merci potrebbero ridursi del 10% grazie a stili di guida più sostenibili (eco-driving) e alla penetrazione nel mercato di veicoli più automatizzati, oltre alla riduzione delle dimensioni delle auto di nuova immatricolazione, secondo il principio “not so big is smart”.
Complessivamente, i due scenari – introduzione accelerata del biofuel e incentivazione di comportamenti eco-sostenibili – potrebbero portare a una riduzione delle emissioni compresa fra il 35 e il 50%, e dunque a centrare gli obiettivi di decarbonizzazione fissati dall’Unione Europea (e per le autostrade le proiezioni sono anche più ottimistiche rispetto alle altre strade): a patto però di usare il metodo WTW (Well To Wheel, dal pozzo alla ruota) che considera anche le emissioni climalteranti prodotte a monte del tubo di scappamento, ossia nelle fasi di fabbricazione del veicolo e della produzione dei vettori energetici.